‘Dio esiste!’

Ottobre 21, 2019

L’undicesimo d’una serie sulla rivoluzione spirituale dietro alla caduta del comunismo trent’anni fa:

La fine del dittatore Nicolae Ceauçescu e di sua moglie Elena iniziò alla fine del 1989 quando un pastore riformato e la sua congregazione si sono opposti apertamente contro gli abusi governativi dei diritti umani.

Ceauçescu governò la Romania per 24 anni, dal 1965 al 1989. I primi anni videro una liberalizzazione relativa ed un atteggiamento di apertura verso l’Occidente. Tuttavia, le cose cambiarono radicalmente nel luglio 1971, dopo che Ceauçescu aveva visitato la Cina, la Corea del Nord, il Vietnam del Nord e la Mongolia dove osservò personalmente i culti della personalità.

Tornò per iniziare una rivoluzione culturale di nazionalismo e d’isolamento estremo, sia dall’occidente sia dai sovietici. I programmi d’indottrinamento furono lanciati. Un’austerità rigorosa seguì. Velocemente, Elena Ceauçescu diventò la seconda persona più potente della nazione. Le norme di vita calarono. Il razionamento di cibo fu istaurato. La televisione diffondeva soltanto due ore al giorno, principalmente dei discorsi del dittatore e degli agenti del partito. La Securitate, o la polizia segreta, sorvegliava tutti gli aspetti della vita dei cittadini, e la critica contro il partito era punita con reclusione e tortura. Le riunioni di chiese erano illegali. La fiducia tra famiglia ed amici era quasi totalmente minata.

L’agitazione sociale generalizzata era peggiorata da progetti di costruzione estravaganti e prestigiosi, quali la cosiddetta Casa del Popolo (il palazzo parlamentare attuale dove il Forum sullo stato dell’Europa era organizzato nel maggio scorso) mentre il popolo soffriva della forte austerità. Inizi di proteste a Brasov nel 1987, e poi a Cluj-Napoca e Bucarest nel 1989, furono violentemente repressi.

Sfratto

Prima, László Tökés, un pastore riformato ungherese vivendo a Timișoara, aveva criticato il governo alla televisione ungherese per indebolire la fede e la cultura ungherese. Il governo lo accusò di incitare l’odio etnico e comandò di traslocarlo in un paesino isolato. Rifiutò di recarvi. L’elettricità di casa sua fu staccata e il suo quaderno di razione confiscato. I membri della chiesa si mobilitarono per sostenerlo. Certi furono arrestati e battuti; una persona fu assassinata nei boschi.

Notizie sull’ordine della corte di giustizia per il suo sfratto prima del 15 dicembre furono diffuse tramite una radio proveniente da fuori il paese. Nell’ultima celebrazione domenicale, Tökés chiese alla sua congregazione di venire per essere testimoni dello sfratto. Membri della chiesa iniziarono una veglia fuori dal suo appartamento, formando una catena umana nel quartiere e bloccando l’accesso alle milizie.

16 dicembre : La folla aumentò con dei credenti battisti, cattolici ed ortodossi, accompagnati da studenti giungendosi alla protesta crescente. Gridando: ‘Abbasso il comunismo!’, la folla si spostò dall’appartamento di Tökés verso il quartiere generale del partito comunista.

17 dicembre : Quando le sommosse e le proteste ricominciarono, dei rivoltosi entrarono in un palazzo del governo tentando di bruciarlo. La Securitate e la polizia erano incapaci di controllare le sommosse, e quindi, l’esercito fu mandato con macchine blindate, carri ed elicotteri. Il caos seguì. Circa 100 persone furono uccise. Delle milizie respinsero dei manifestanti con canoni d’acqua, che la folla li sequestrò e li buttò nel fiume.

18 dicembre : Dei soldati ed agenti della Securitate in civile proteggevano la piazza principale. La legge marziale fu dichiarata. Dei gruppi di oltre due persone erano vietati. Eppure, trenta giovani uomini si radunarono nella cattedrale ortodossa, agitando una bandiera rumena con l’emblema comunista tagliata. Iniziarono a cantare ‘Svegliati, rumeno!’, un canto patriottico vietato sin dal 1947, ed aspettarono che le pallottole siano sparate. Numerose persone furono uccise o gravemente ferite, mentre altre fuggirono.

19 dicembre : Dei lavoratori scioperarono in simpatia per i manifestanti.

20 dicembre : Dei lavoratori si mobilitarono in gran numero e raggiunsero altre persone nel centro storico, per formare una folla di 100000 persone su ciò che è oggi la Piața Victoriei, la Piazza della Vittoria. Iniziarono a scandire degli slogan anti-governo.

Dimissioni

Siccome Ceaușescu era in Iran in quel momento, Elena aveva mandato il primo ministro ed il segretario del comitato centrale a Timișoara per incontrarvi una delegazione di contestatari, che esigeva le dimissioni del dittatore.

Invece di questo, le autorità attirarono con loro migliaia di lavoratori dalle loro fattorie fuori dalla città armati di mazzee di istruzioni di ‘frantumare le sommosse di ungheresi e di hooligans.’ Realizzando velocemente ciò che stava accadendo, raggiunsero i manifestanti. L’esercito fu forzato ad indietreggiare. Lo stesso giorno, Timișoara fu dichiarata città libera di Romania.

In quel momento, a Bucarest, Ceauçescu, appena tornato dall’Iran, pronunciava un discorso per condannare l’evoluzione degli eventi a Timișoara, rivendicando che i contestatari erano in collusione con le potenze straniere, e fece appello ad un raduno gigantesco per sostenerlo il giorno dopo.

21 dicembre :  Alla metà del suo discorso, l’enorme folla radunata per dare l’impressione di sostenere Ceauçescu iniziò a fischiarlo, in diretta sulla televisione nazionale (qui e qui). Certi scandirono: ‘Ti-mi-șoa-ra! Ti-mi-șoa-ra!’

Realizzando la situazione disperata, Ceauçescu e sua moglie dovettero fuggire in elicottero, soltanto per essere arrestati, giudicati ed uccisi il giorno di Natale.

22 dicembre : Mentre le notizie della caduta del dittatore si diffusero, una folla di 150000 persone si radunò sulla piazza centrale di Timișoara. Il pastore battista Peter Dugulescu li invitò a recitare il Padre Nostro dopo di lui. Più tardi, si ricordava della sua sorpresa di fronte al ‘forte accento religioso dopo tanti anni di educazione atea’. Inginocchiandosi sul suolo gelato, recitarono la preghiera e gridarono insieme, ‘Dio esiste! Dio esiste!’: un grido spontaneo ripetuto tutto il giorno.

Jeff Fountain

Direttore Centro Schuman




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