Il colpo di Stato fallito

Ottobre 28, 2019

Il dodicesimo d’una serie sulla rivoluzione spirituale dietro alla caduta del comunismo trent’anni fa:

La celebrazione del millenario del cristianesimo in Unione sovietica nel 1988 era un catalizzatore importante per la fine sia del comunismo sia dell’impero.

Nel 988, il Grande Principe di Kiev, Vladimiro il Grande, si era convertito dal paganesimo slavo al cristianesimo dopo aver radunato il Belarus, la Russia e l’Ucraina sotto il suo controllo. Un’enorme statua di San Vladimiro è affacciata sul fiume Dnepr a Kiev, vicino al luogo dove, secondo la tradizione, fu battezzato.

Nell’aprile 1988, Mikhail Gorbaciov, il segretario generale del partito comunista, accettò le richieste del patriarca russo ortodosso Pimen di restituire gli edifici di chiese, di riaprire i monasteri e di rilassare le restrizioni sulla libertà di coscienza e d’adorazione. In cambio, Gorbaciov voleva che i cristiani sostenessero la sua politica di perestroika (ristrutturazione), la quale includeva la glasnost (apertura) e la demokratizatsia (democratizzazione). Sin dalla sua elezione nel 1985, Gorbaciov aveva operato dei cambiamenti maggiori in risposta al sistema sovietico in affanno, e cercò di andare verso un ‘socialismo con il viso umano’. Accettò inoltre la necessità di porre fine alla Guerra fredda perché l’Unione sovietica doveva investire il 20 percento del suo PNL nella difesa, rispetto ai 6 percento degli Stati Uniti ed i 3-4 percento delle nazioni europee.

Nel 1988, scriveva sulla necessità di ‘elevare la spiritualità individuale, rispettare il suo universo interiore e dargli una forza morale’. Sua madre, credente ortodossa pia, l’aveva battezzato da bambino. I suoi nonni nascondevano delle icone dietro alle foto di Lenin e di Stalin. Un intervista del 1992 rivelò la sua apertura verso le persone di fede quando diceva: “Sono ateo… ma ho tratto conforto per tanto tempo nella Bibbia. L’esperienza religiosa ignorante ha significato perdite enormi per la società.” Affinché la perestroika potesse realizzarsi, aveva bisogno del sostegno cristiano.

Porta aperta

Forse aveva aperto la porta di più rispetto alla sua intenzione. In quell’anno di commemorazione, dei dirigenti cristiani del mondo intero, compresa un enorme delegazione vaticana, converse in Unione sovietica. Il mondo guardava mentre il Presidente Reagan parlava di libertà religiosa quando visitò il Monastero Danilov restaurato, i quartieri generali della chiesa russa ortodossa sulla riva del fiume Moscova a Mosca. Quell’estate, migliaia di battisti ed altri credenti si radunarono a Kiev, sul sito del battesimo di Vladimiro. Riempendo le chiese fino al sovraffollamento, fu chiesto ai credenti di lasciare spazio affinché i non credenti possano sedersi dentro. Migliaia di persone camminarono insieme nel centro storico per pregare nella notte intorno ad una statua di Lenin. Le folle si radunarono nei teatri per eventi d’evangelizzazione nella capitale della Moldavia in una celebrazione del millennio di otto giorni. Tanti sentirono il Vangelo essere predicato liberamente per la prima volta e migliaia di persone professarono la fede durante quell’estate.

Un comitato informale del giubileo, diretto da dissidenti religiosi famosi, fece appello, durante la celebrazione, alla liberazione di tutti i prigionieri di coscienza, a leggi assicurando la libertà di religione e di coscienza, e al diritto di organizzare dei seminari. Incredibilmente, le loro richieste furono accettate. I cristiani furono reintegrati nei servizi di sanità; dei prigionieri politici e religiosi furono liberati; l’emigrazione per le vittime di persecuzione religiosa fu accelerata; gli edifici di chiese furono riaperti. Nonostante queste nuove libertà, la vecchia violenza continuava ancora in certi luoghi.

La chiesa cattolica ucraina, anche chiamata chiesa greco-cattolica (di fedeltà cattolica, di rito bizantino), diventò un punto focale per gli ucraini nella loro resistenza contro l’egemonia sovietica e russa, come questa chiesa lo aveva fatto sin dal cinquecento quando emerse da tampone tra la chiesa ortodossa e la chiesa cattolica. Delle folle a Kiev esprimendo un fervore sia religioso sia nazionalista si radunarono in sostegno della chiesa, raddoppiando da 100.000 membri nel giugno 1989 a 200.000 membri a novembre.

Lo stesso mese, Gorbaciov incontrò Giovanni Paolo II che disse al dirigente sovietico, in russo: “È necessario raggiungere una libertà, una democrazia, una società che rispetta gli esseri umani come valore supremo. È necessario dare al popolo la capacità di scegliere la religione.”

Colpo di Stato

Sebbene il 1989 fu l’anno della rottura decisiva con l’egemonia sovietica per la RDT, la Polonia, l’Ungheria, la Cecoslovacchia, la Romania e la Bulgaria, l’indipendenza per le repubbliche sovietiche arrivò due anni dopo. Gli stati baltici, cosiccome l’Armenia e la Georgia si liberarono dal giogo sovietico, ed anche la Repubblica russa sotto Boris Yeltsin dichiarò la sua sovranità nel giugno 1990, limitando quindi il controllo sovietico.

Nell’agosto 1991, il vice presidente Gennadij Janaev diresse un nucleo di comunisti di linea dura desiderando restaurare il controllo marxista della vecchia scuola. Mentre Gorbaciov era in vacanza in Crimea, annunciarono che era malato e dichiararono lo Stato di Emergenza. Ordinarono a carri armati e truppe di circondare la Casa Bianca, il palazzo del parlamento a Mosca, imposero nuovamente le limitazioni della libertà di stampa, vietarono le manifestazioni ed annunciarono i coprifuochi.

Tuttavia, delle folle crescendo a migliaia di persone barricarono la Casa Bianca, e Yeltsin ordinò all’esercito e alle unità del KGB di ritirarsi. Era un momento di decisione fatidico. Tanti cristiani ebbero un ruolo chiave per persuadere l’esercito di ritirarsi. Fra di loro, il prete ortodosso russo Padre Alexander Borisov, eletto poco prima al consiglio municipale di Mosca, convinse il consiglio di fare appello alle truppe di non attaccare i civili: “Siete responsabili di fronte a Dio. ‘Non uccidere’.”

Il dissidente cristiano Alexander Ogorodnikov, che aveva trascorso nove anni in prigione, fu fra i primi a confrontare i soldati di fronte al parlamento con appelli scritti. Con altre persone, iniziarono a costruire una catena umana intorno al parlamento, con Yeltsin, dei membri del suo governo e dei giornalisti dentro. I preti amministravano la comunione ai manifestanti coscienti che potevano essere facilmente tritolati dai carri armati se gli autisti ubbidissero agli ordini. Ogorodnikov implorò un’ufficiale: “Non versare il sangue del nostro popolo russo.” Dopo il secondo giorno del colpo di Stato, tre persone furono uccise dalle pallottole o dai carri armati.

Nelle sue vesti sacerdotali, Padre Alexander aiutò a distribuire trenta scatole di Nuovi Testamenti ai soldati guidando i cento carri armati assediando il parlamento, facendosi il segno della croce mentre avvicinava ogni carro. Shirinai Dossova, un’evangelista dinamica e piantatrice di chiesa, che io e mia moglie conosciamo di persona, bussò persistentemente sul portello di un carro fino a quando il soldato disorientato l’aprì per vedere una Bibbia essergli lanciata. “Ci ucciderete?” lei chiese. “Questo libro dice di non uccidere!”

Quando l’elettricità del palazzo del parlamento fu tagliata a mezzanotte del secondo giorno, un attacco sembrava imminente. Ma all’alba, nessun’attacco era accaduto. Invece, i carri armati e le truppe si ritirarono. Dopo 48 ore, i dirigenti del colpo di Stato furono arrestati. Nel mese di dicembre, l’URSS fu disciolta e rimpiazzata dalla Comunità degli Stati Indipendenti.

Più tardi, il capo delle azioni penali investigando sul colpo di Stato attribuì la sconfitta del colpo di Stato a Yeltsin e ai difensori disarmati circondando la Casa Bianca. La coscienza prevalse sui carri armati.

Jeff Fountain

Direttore Centro Schuman




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