L’ottavo d’una serie sulla rivoluzione spirituale dietro alla caduta del comunismo, trent’anni fa.
Nessuno sa davvero quando le prime croci sono apparse sulla Kryžių Kalnas – o la Collina delle Croci – in Lituania settentrionale.
Vicino al confine con la Lettonia, centinaia di migliaia di croci di ogni forma e di ogni dimensione coprono questa piccola collina che era stata un santuario sacro per secoli. Ha sopravvissuto agli sforzi ripetuti dalle autorità di sradicare ‘l’ignoranza’ e ‘il fanatismo’.
Simile ad un gigantesco puntaspilli, è un monumento d’arte popolare con tante croci scolpite a mano; certe miniature, altre di cinque metri d’altezza; certe complesse ed elaborate, altre gregge e semplici; la maggioranza anonime, ed una grande scultura in legno del Cristo crocefisso, un dono del Papa.
Anche se i primi archivi scritti del santuario datano dal 1850, certi dicono che le prime croci furono erette da quelli che piangevano le vittime delle rivolte contro la violenta repressione zarista delle insurrezioni nazionali, prima nel 1831 e più tardi nel 1863. Delle croci furono istallate in memoria ai ribelli uccisi, i cui luoghi di sepoltura erano rimasti sconosciuti.
Durante l’occupazione sovietica, i lituani soffrirono nuovamente sotto le repressioni di massa. Centinaia di migliaia di persone furono deportate da Stalin in Siberia, tra il 1944 ed il 1952, lasciando dei paesini interi totalmente abbandonati.
Nel 1956, i lituani iniziarono a tornare a casa. Eressero delle nuove croci sulla collina in segno di gratitudine per il loro ritorno, in memoria della loro tortura e della loro sofferenza, da memoriale per chi non tornerebbe mai più. La collina diventò un luogo di preghiera per quelli che soffrivano ancora. Delle iscrizioni ardenti ed apertamente antisovietiche ornavano regolarmente le croci, trasformando la collina in un museo a cielo aperto, un archivio della sofferenza umana e dell’oppressione disumana.
Nel 1961, le autorità vennero con ruspe per distruggere la collina e cancellarla dalla memoria umana. Le croci di legno furono bruciate. Le croci di ferro diventarono rottami metallici. Le croci di pietra furono seppellite. La collina fu dichiarata luogo proibito, e fu tenuta sotto controllo.
Sfida
Ma con il favore dell’oscurità, nuove croci iniziarono ad apparire. All’inizio, erano piccole, ma poi diventarono sempre più grandi. Le autorità provarono delle misure più drastiche. Di nuovo, nel 1973 e nel 1975, la collina fu annientata, e l’area coperta di detriti e d’acque di scarico.
Progetti d’inghiottire l’area, di bloccare le strade e di trasformare la collina in isola inaccessibile sono tutti falliti col tempo. Più croci continuavano semplicemente ad apparire. Nonostante la distruzione dalle autorità, i residenti ed i pellegrini da tutta la Lituania rischiavano il pericolo politico mentre ricostruivano insolentemente il loro sito sacro nella notte.
Finalmente, nel 1985, il governo abbandonò il suo compito disperato. La pace arrivò sulla Collina delle Croci. Quattro anni dopo, la rivoluzione era a buon punto di rovesciare l’oppressione sovietica. E nel 1991, l’indipendenza arrivò finalmente in Lituania.
Il 7 settembre 1993, il Papa Giovanni Paolo II visitò la Collina delle Croci, dichiarandola luogo di speranza, di pace, d’amore e di sacrificio. Egli posò una pietra incisa con le sue parole: Grazie, cari lituani, per la Collina delle Croci, la quale testimonia alle nazioni d’Europa e al mondo intero della fede del popolo di questa terra.
Oggi, questa collina di 10 metri d’altezza è una foresta inimmaginabile di centinaia di migliaia di croci, una dichiarazione davvero potente di speranza alla faccia della tirannia.
Jeff Fountain
Direttore Centro Schuman
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