La Bibbia è stata la più grande fonte d’ispirazione nello sviluppo dell’arte occidentale, fino ai tempi moderni (come ne abbiamo parlato la settimana scorsa nella nostra serie La Bibbia per negati nella Upper Room di Amsterdam). Una mancanza di conoscenza dei personaggi, dei temi e delle storie della Bibbia impoverisce la cultura e l’educazione, privando gli spettatori d’arte di una comprensione esatta.
Certo, le arti egiziane, mesopotamiche e greche rispecchiavano le civilizzazioni avanzate al momento in cui le storie dell’Antico Testamento erano ancora vissute; il Nuovo Testamento si svolgeva nel contesto di sviluppi artistici romani brillanti; e di ricche eredità artistiche greche e romane dell’osservazione della natura furono perse nei secoli di ciò che venivano spesso chiamati ‘i secoli bui’, e furono riscoperti in ciò che diventò conosciuto come il Rinascimento.
La causa di questa perdita era il comandamento di non avere ‘immagini scolpite’ (Es. 20:4). Questo comandamento fu letto da correnti del giudaismo, del cristianesimo e dell’islam come un divieto di ogni forma d’arte figurativa, per timore che sia usata per l’idolatria. Eppure, nello stesso libro, leggiamo istruzioni di fare i due cherubini d’oro martellato sull’arca della testimonianza (Es. 25:22), e delle cortine per il tabernacolo con “cherubini artisticamente lavorati” (Es. 26:1), incitando l’argomento che soltanto le immagini destinate alla falsa adorazione erano vietate.
Dopo che la fede cristiana fu adottata dall’Impero romano, la questione dell’arte nelle chiese portò a conflitti violenti. Quando il Papa Gregorio il Grande diede il suo parere sulla controversia alla fine del sesto secolo, dichiarando che “il dipinto poteva fare per gli analfabeti ciò che la scrittura fa per chi può leggere”, aiutò involontariamente a creare ciò che sarebbe diventato il Grande Scisma tra le chiese d’oriente e d’occidente. Ad est, due parti gareggiavano per il controllo. Gli iconoclasti (distruttori d’immagini) che erano opposti ad ogni immagine nell’arte sacro, presero inizialmente il sopravvento, ma lo persero di fronte agli iconofili che veneravano le icone come aiuti per l’adorazione, delle immagini sante e delle porte verso il cielo, dopo il settimo concilio ecumenico nel 787.
Chiaramente e semplicemente
L’argomento del compromesso di Gregorio era inaccettabile per le due parti orientali che resistevano quindi ad un papa latino. Eppure, ciò impedì l’arte occidentale di seguire l’arte ebrea e islamica, permettendo la concezione ma non la rappresentazione. L’arte, secondo il papa, doveva raccontare la storia sacra il più chiaramente e semplicemente possibile, senza abbellimento o distrazione.
Durante l’implosione dell’Impero romano, l’arte ‘pagana’ delle tribù ‘barbare’ europee settentrionali cristianizzate recentemente era ormai adattata per raccontare la storia sacra. Gli stili artistici indigeni dei Celti, dei Sassoni e dei Vichinghi arricchirono i testi del Libro di Kells, dell’Evangeliario di Lindisfarne e delle Pietre di Jelling, ad esempio. I monasteri ed i conventi celtici diventarono dei centri per la creazione, la promozione e la preservazione delle arti, un compito che passò più tardi nella rete di monasteri benedettini attraverso l’Europa occidentale, le pietre angolari della cultura europea emergente.
Mentre l’arte secolare fu prodotto senza dubbio in quel periodo, pochi esempi hanno sopravvissuto la distruzione dei castelli, dei palazzi e dei forti durante il conflitto, un’eccezione maggiore era l’arazzo di Bayeux in Bretagna, rappresentando l’invasione normanna dell’Inghilterra nel 1066, la quale sopravvisse perché custodita in una chiesa.
I Normanni esprimevano il loro stile architetturale proprio, chiamato ‘Romanesco’ nel continente, nelle chiese, nelle abbazie, nei minster (chiese in Inghilterra) e nelle cattedrali: dei bastioni di muri spessi e solidi decorati con fresche di scene bibliche dei vangeli, dal Giudizio Universale o dalle storie dei santi cristiani. Lì si trovava la Chiesa militante, combattendo le potenze delle tenebre con una mentalità di crociata.
Il cielo sulla terra
Poi arrivò lo stile francese con archi appuntiti, vetrate colorate, cattedrali costruite intorno a ‘scheletri di pietra’, leggeri e profondamente suggestivi, il cielo sulla terra, la Nuova Gerusalemme, la Chiesa trionfante. Più tardi, gli artisti del Rinascimento soprannominavano questo stile ‘gotico’ o barbaro, mentre risuscitarono gli stili classici ‘puri’ dei Greci e dei Romani.
Intorno al duecento, gli stili classici persi di rappresentazioni più naturali e tridimensionali di corpi iniziarono ad essere ristabiliti, ma sempre con l’obiettivo di raccontare la storia sacra più vividamente. Fino a quel momento, i dipinti di persone erano rimasti bidimensionali e informi, raccontando le storie ‘chiaramente e semplicemente’. Degli artisti avevano lavorato anonimamente alla decorazione delle cattedrali, alla creazione delle sculture, agli arazzi, alle finestre e alla muratura di pietra, tutto per la gloria di Dio.
Un rinascimento nell’arte iniziò mentre Giotto di Bondone (c.1267-1337) recuperò l’arte di creare l’illusione della profondezza in una superficie piatta, sempre per il servizio di dare vita alla storia del vangelo, cosiccome i frati predicanti dell’epoca stimolavano gli auditori a visualizzare le storie della Bibbia.
E quindi, questo Rinascimento condusse alla storia di grandi artisti, i quali fino ai tempi moderni continuarono a trovare la loro ispirazione principale della Bibbia, come rivelata da questa lista di opere d’arte di temi biblici che ogni artista ha prodotto. Rembrandt spiccava con 118 opere d’arte, mentre in realtà creò oltre 300 disegni, acqueforti e dipinti sui temi biblici (vedere foto qui sopra).
Chi può parlare contro l’influenza pervasiva della Bibbia nella nostra arte?
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